LA RICHIESTA DI ESONERO DALLA UDIENZA IN SEDE NON PRECLUDE IL DIRITTO AL COMPENSO FISSO
di Ennio Attilio Sepe
Com’è noto, il Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria ha disposto, con delibera n. 1505/2020 assunta nella seduta del 15 dicembre scorso, la decurtazione del compenso fisso per i giudici tributari che chiedano di essere esonerati dalla partecipazione alle udienze o camere di consiglio da svolgersi presso la sede della Commissione interessata, ai sensi del comma 3, dell’art. 27, D.L. n. 137/2020 ( Decreto c.d. “Ristori”). Nel prevedere tale decurtazione il CPGT ha assimilato tale ipotesi a quella della malattia per la quale la norma regolamentare emanata dallo stesso Organo esclude la corresponsione di detto compenso ove l’assenza si protragga oltre il 30° giorno, essendo irrilevante l’assenza sporadica.
Orbene la norma regolamentare richiamata dal Consiglio per giustificare la decurtazione recita: “il compenso [fisso] deve sempre essere riconosciuto…allorquando una attività o una riduzione di attività non dipende dalla volontà del Giudice Tributario o da suoi impedimenti soggettivi”.
La domanda, allora, da porsi, è se la mancata partecipazione del componente di Commissione all’udienza in sede dipenda dalla volontà del Giudice o da un impedimento di carattere oggettivo.
E’ ben vero che l’esonero è previso su “richiesta”, ma trattasi di una facoltà che la legge attribuisce all’interessato in funzione di un interesse superiore, costituito dalla necessità di tutelare l’incolumità personale e collettiva dal pericolo del contagio da COVID-19. In sostanza la richiesta è giustificata da un interesse pubblico, di natura evidentemente oggettiva, la cui tutela è affidata all’iniziativa della parte, in quanto l’assembramento determinato dalla udienza in sede è fonte di pericolo che la legge vuole scongiurare o, quanto meno ridurre.
Si aggiunga che la richiesta di esonero di cui al cit. comma 3 non significa indisponibilità a partecipare al qualsiasi udienza, ma soltanto a partecipare all’udienza in sede. Per cui soltanto se venisse meno ingiustificatamente la partecipazione alla udienza nella forma “da remoto”, che può essere disposta “anche solo parzialmente”, ai sensi del comma 1 dell’art. 27, dal presidente della Commissione (per i giudici che ne hanno fatto richiesta), sarebbe giustificata la decurtazione.
Anche l’assimilazione della fattispecie in esame a quella della malattia non sembra pertinente perché nel caso di malattia si ha una situazione di totale impossibilità, sia pure di carattere oggettivo, a tenere l’udienza, mentre nel caso di richiesta di esonero ex art. 27 non si è di fronte ad un’analoga totale indisponibilità, in quanto questa è riferita soltanto all’udienza in sede.
Pertanto, in caso di richiesta di esonero a partecipare all’udienza in presenza, laddove non è dato al componente di Commissione di partecipare all’udienza da remoto giacché non praticabile, neppure parzialmente in assenza della relativa previsione da parte del decreto del presidente di Commissione, non appare legittimo negare il compenso fisso, in quanto contrario ad una facoltà espressamente prevista dalla legge come causa non dipendente dalla volontà del giudice.