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LE DECISIONI DELLA CORTE DI CASSAZIONE SULLA TASSAZIONE SEPARATA DEI COMPENSI VARIABILI: UNA VITTORIA A META’ (di Ennio Attilio Sepe)

LE DECISIONI DELLA CORTE DI CASSAZIONE SULLA TASSAZIONE SEPARATA DEI COMPENSI VARIABILI: UNA VITTORIA A META’
(di Ennio Attilio Sepe)

 

Finalmente la Suprema Corte ha risolto l’annosa questione del regime di tassazione da applicare ai compensi variabili dei giudici tributari.

Il Giudice di legittimità si è pronunciato con tre sentenze, nn. 3581, 3582 e 3584, pubblicate lo scorso 13 febbraio 2020: le prime  due di rigetto del ricorso dell’Agenzia delle Entrate e la terza di accoglimento.

Esaminiamo, in pillole, quali sono state le motivazioni comuni alle tre decisioni.

Premesso che l’art. 50 del d.P.R. n.917 del 1986 assimila i compensi corrisposti ai membri delle commissioni tributarie ai redditi di lavoro dipendente, trovano applicazione gli artt. 17 e 51 del decreto.

L’art. 17, alla lettera b) prevede che l’imposta si applica separatamente sugli “emolumenti arretrati per prestazioni di lavoro dipendente riferibili ad anni precedenti, percepiti per effetto di leggi, di contratti collettivi, di sentenze o di atti amministrativi sopravvenuti o per altre cause non dipendenti dalla volontà delle parti…”. Quindi condiziona l’applicazione del regime di tassazione separata a situazioni di due tipi: quelle di “carattere giuridico”, costituite dal sopraggiungere di norme di legge, di sentenze, di provvedimenti amministrativi e quelle consistenti in “oggettive situazioni di fatto”, idonee a far ritenere che il ritardo nel pagamento non dipenda da un accordo strumentale fra le parti volto a far beneficiare il percettore della più favorevole tassazione separata.

L’art. 51, nel dettare le regole per la determinazione del reddito di lavoro dipendente prevede che lo stesso “è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro. Si considerano percepiti nel periodo di imposta anche le somme e i valori in genere, corrisposti dai datori di lavoro entro il 12 gennaio del periodo successivo a quello cui si riferiscono”.

Una prima conclusione riguarda l’interpretazione dell’art. 17, nel senso che, in base all’attuale formulazione della norma, appare evidente che – escluse le ipotesi in cui ricorrano le “cause di carattere giuridico” – il regime della tassazione separata non è applicabile a qualunque emolumento arretrato , “occorrendo , invece, a tal fine, individuare la causa dell’intervallo temporale tra periodo d’imposta di maturazione e periodo di percezione dello stesso, e cioè distinguere tra cause di ritardo indipendenti o dipendenti dalla volontà delle parti”. Pertanto, in base a contenuto e ratio della norma, non è possibile ancorare la qualità di arretrato al superamento della data del 12 gennaio.

Affermazione centrale nell’economia motivazionale delle sentenze è che le  due norme (art. 17 e art. 51) non sono interconnesse, in quanto trovano ratio e applicazione in ambiti diversi, rispondendo ad obiettivi differenti.

L’art. 51, nel derogare al principio di cassa, introduce il c.d. regime di “cassa allargata” a fini diversi rispetto a quelli per cui il legislatore è intervenuto, attraverso il meccanismo della tassazione separata, che serve a correggere gli effetti distorsivi della contemporanea applicazione del principio di cassa (costituente il criterio generale dell’imposizione sui redditi di lavoro dipendente ex art.7) e di proporzionalità dell’IRPEF. Il regime della c.d. “cassa allargata” risponde non a ragioni di carattere sistematico ma soltanto a quella della presa d’atto di prassi aziendalistiche, originate dall’ordinaria corresponsione delle retribuzioni mensili al personale dipendente all’inizio del mese successivo, piuttosto che alla fine del mese di riferimento, con l’esigenza di contemperare, con riguardo alla chiusura dell’esercizio annuale, il principio di competenza con quello di cassa.

La seconda conclusione, scaturente dalla prima, è l’affermazione del seguente principio di diritto: “In materia di redditi assimilati a quello di lavoro dipendente, corrisposti nell’anno successivo a quello di maturazione, non sono ricompresi tra i redditi arretrati, assoggettabili a tassazione separata, ai sensi dell’art. 17, d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, gli emolumenti per i quali il ritardo nella loro corresponsione, nell’anno successivo a quello di riferimento, sia fisiologico rispetto alla natura del rapporto dal quale derivano, e cioè sia la necessaria conseguenza di particolari procedure per la loro quantificazione e liquidazione”.

Trova quindi conferma, a riguardo dei compensi variabili dei giudici tributari, la distinzione sostenuta dall’Amministrazione finanziaria tra ritardi “fisiologici” e “patologici”, ai fini dell’applicazione della tassazione separata.

Da detta distinzione sorge tuttavia la necessità di dare concretezza, definendola in termini oggettivi, alla nozione astratta di ritardo “fisiologico”, vale a dire di stabilire quando il ritardo nella corresponsione dei compensi variabili diventi “patologico”, superando i tempi tecnici normalmente occorrenti, e, quindi, renda l’emolumento “arretrato” assoggettabile alla tassazione separata.

A tal fine le sentenze, nel rilevare, che non vi sono norme primarie né di rango inferiore, che fissano un termine finale per il pagamento dei compensi variabili, richiamano le date dello scadenziario previsto per la chiusura contabile periodica dalla direttiva del MEF n.39616 del 20 giugno 2005 che sono così individuate: dopo il 15 luglio per il primo semestre (periodo 1 gennaio/30 giugno); dopo il 15 ottobre per il terzo trimestre (periodo 1 luglio/30 settembre); dopo il 15 gennaio per il quarto trimestre (periodo 1 ottobre/31 dicembre), anche in questo caso senza alcun termine finale. In assenza, quindi, di un’espressa previsione normativa, il Giudice dii legittimità colma la lacuna attraverso il proprio intervento sostitutivo consentito dagli artt. 1183 c.c. e 97 Cost. Pertanto, con riferimento ai compensi variabili maturati nel quarto trimestre (periodo 1 ottobre/31 dicembre), richiama il termine di 120 giorni (successivo a quello del 15 gennaio fissato come iniziale dalla suddetta direttiva) quale parametro di riferimento previsto dall’art. 14 del d.l. n.669/1996, come modificato dall’art. 147 della l. n. 388/2000. E ciò sulla base dell’argomentazione che, se quel termine è ritenuto congruo dal legislatore per il completamento di tutte le procedure necessarie a dare esecuzione ad un provvedimento giurisdizionale, può ben reputarsi adeguato a valutare il tempo necessario per gli adempimenti richiesti dalla ridetta direttiva per la quantificazione e liquidazione dei compensi variabili dovuti ai giudici  tributari.

Pertanto saranno sottoposti a tassazione separata gli emolumenti corrisposti dopo il 15 (il 14 negli anni bisestili) maggio dell’anno successivo a quello della maturazione. Difatti la Corte, in sentenza n. 3581, ha rigettato il ricorso dell’Agenzia per emolumenti, relativi al secondo semestre 2010, corrisposti il 30 maggio successivo, ed, in sentenza n. 3584, ha accolto il ricorso dell’Agenzia per emolumenti, relativi all’ultimo trimestre 2013, corrisposti il 24 aprile 2014, e per emolumenti, relativi all’ultimo trimestre 2014, corrisposti il 16 marzo 2015.

L’ultima conclusione, costituita dalla fissazione di un termine oggettivo, rappresenta un fattore di certezza e trasparenza nell’applicazione del regime della tassazione separata ai summenzionati compensi, che più volte in passato sono stati sottoposti a tassazione ordinaria, anche se liquidati con gravi ritardi. Il Giudice di legittimità, richiamando la propria giurisprudenza “pretoria” in un caso di individuazione di termini processuali non previsti dalla legge (S.U. n. 14594/2016) consente una deroga al termine di 120 giorni, in presenza di “circostanze eccezionali di cui sia data rigorosa prova”. E’ bene inteso che tali circostanze non possono essere integrate dalle disfunzioni dei singoli organi chiamati agli adempimenti richiesti, trattandosi di un procedimento complesso.

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