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LA SEPARAZIONE DI FATTO DEI CONIUGI NON RILEVA AI FINI DELLE AGEVOLAZIONI ICI SULL’ABITAZIONE PRINCIPALE

 

 

LA SEPARAZIONE DI FATTO DEI CONIUGI NON RILEVA AI FINI DELLE AGEVOLAZIONI ICI SULL’ABITAZIONE PRINCIPALE (di Eleonora Addarii)

 

La Suprema Corte, con la sentenza n.14596, depositata il 29.05.2019, ha confermato il proprio orientamento in merito alla spettanza della detrazione ICI sull’abitazione principale, affermando il principio per cui è necessario che il contribuente dimostri che «l’abitazione costituisce dimora abituale non solo propria, ma anche dei suoi familiari».

In tema di ICI, l’art. 8 del D.Lgs. n. 504/1992 prevede ai commi 2 e 2-bis l’applicazione in favore dell’abitazione principale di una detrazione forfettaria e di una ulteriore, in misura proporzionale, sull’imposta dovuta. Per espressa previsione normativa, per abitazione principale deve intendersi quella in cui abitualmente dimorano il contribuente e il proprio nucleo familiare. Essa non necessariamente coincide con la residenza anagrafica, che ha valore di semplice presunzione, sempre suscettibile di prova contraria da parte del contribuente.

Come chiarito anche di recente «le risultanze anagrafiche rivestono un valore presuntivo circa il luogo di residenza effettiva e possono essere superate da prova contraria, desumibile da qualsiasi fonte di convincimento e suscettibile di apprezzamento riservato alla valutazione del giudice di merito (Cass. ordd. nn. 12299/17, 13062/17,15444/17)» (Cass., ord. 17 aprile 2018, n. 9429).

L’individuazione della dimora abituale ai fini dell’agevolazione prescinde quindi dal dato formale e attiene, invece, al dato fattuale della dimora effettiva dell’intero nucleo familiare, potendosi ben riconoscere la detrazione ICI anche nei casi in cui la residenza anagrafica sia in un comune differente da quello in cui è ubicata l’abitazione principale (Cass., ord. 15 marzo 2019, n. 7393).

È importare evidenziare che si tratta di un principio valido esclusivamente ai fini ICI e non applicabile all’IMU, nell’ambito della quale è necessario che vi sia coincidenza tra residenza e dimora.

Più stringente è il presupposto rappresentato dalla convivenza all’interno dell’abitazione del contribuente con il proprio nucleo familiare. La norma prevede, infatti, che affinché un immobile possa essere considerato abitazione principale è necessario che il contribuente vi dimori insieme alla famiglia.

Secondo costante giurisprudenza, si tratta di un presupposto imprescindibile, la cui verifica è demandata al giudice ed è fondata sulla valutazione di elementi di fatto, quali il luogo in cui i coniugi hanno fissato la residenza della famiglia in base all’art. 144 c.c. e presso cui sono tenuti alla coabitazione (Cass., ord. 27 aprile 2018, n. 10167).

Unica deroga è concessa dall’art. 6 comma 3-bis, in base a cui gode del medesimo trattamento il coniuge non assegnatario della casa coniugale a seguito di separazione legale, annullamento o cessazione degli effetti civili del matrimonio.

In tale contesto si inserisce la pronuncia qui in commento, con la quale la Suprema Corte conferma il proprio precedente orientamento, escludendo l’applicabilità della detrazione prevista ai fini dell’ICI, stante la dimora di un solo coniuge nell’immobile.

Viene inoltre ribadita l’irrilevanza della separazione di fatto, in quanto «situazione transeunte, suscettibile di essere revocata in qualsiasi momento dagli stessi coniugi, mentre le agevolazioni fiscali, sono notoriamente di stretta interpretazione e richiedono per essere riconosciute di presupposti certi (nel caso di specie la necessità di un provvedimento giurisdizionale che riconoscesse la definitiva rottura del rapporto coniugale)».

Ciò in ossequio non solo alla disciplina dell’imposta, ma altresì al principio di stretta interpretazione delle norme di agevolazione che, in quanto derogatorie, non sono suscettibili di applicazione analogica né estensiva.

In precedenti occasioni, tuttavia, la Cassazione ha previsto la possibilità di far valere anche la separazione di fatto tra i coniugi, quale dato fattuale rilevante ai fini dell’agevolazione.

In una recente pronuncia, infatti, ribadita la necessità della convivenza del nucleo familiare, è stato affermato che ai coniugi non separati legalmente che dimorano in due distinte abitazioni potrà essere riconosciuta la detrazione, purché il “trasferimento della dimora abituale “per la frattura del rapporto di convivenza, cioè di una situazione di fatto consistente nella inconciliabilità della prosecuzione della coesistenza, sotto lo stesso tetto, delle persone legate dal rapporto coniugale”, con conseguente superamento della presunzione di coincidenza tra “casa coniugale” e “abitazione principale” sia stato oggetto di accertamento da parte dello stesso giudice tributario (Cass., ord. 17 maggio 2018, n. 12050).

A ben vedere, tale pronuncia non contrasta con la sentenza in commento, essendo piuttosto ad essa complementare.

Nella fattispecie in esame, il presupposto di fatto accertato nel corso giudizio è unicamente la circostanza che il ricorrente risultava abitare in un altro immobile rispetto a quello in cui risiedeva il coniuge. Conseguentemente, in assenza di ulteriori elementi sottoposti al vaglio del giudice, la Cassazione si è limitata a riscontrare l’assenza delle caratteristiche dell’abitazione principale ai sensi della normativa in parola ed ha, coerentemente al proprio consolidato orientamento, cassato la sentenza della CTR che aveva riconosciuto la spettanza dell’agevolazione.

 

 

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