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TASSAZIONE AI FINI IMU DI AREE SOTTOPOSTE A COMPENSAZIONE URBANISTICA

TASSAZIONE AI FINI IMU DI AREE SOTTOPOSTE A COMPENSAZIONE URBANISTICA

 

E’ ancora dibattuta in giurisprudenza la questione della tassazione ai fini IMU di aree sottoposte a compensazione urbanistica.

Nei Piani Regolatori Generali può esser prevista tra le forme di “perequazione” la possibilità di cessioni compensative, quale strumento alternativo all’esproprio per le aree a destinazione pubblica e per finalità di riqualificazione urbana, da perfezionarsi mediante atto pubblico, registrato e trascritto. La cessione consente di far acquisire al proprietario un’edificabilità commisurata all’estensione dell’area interessata dall’intervento di riqualificazione, ma da concentrare su una parte di essa o da trasferire su altra area.

La perequazione urbanistica, nel cui ambito va compresa la compensazione edificatoria, consiste,  nell’adozione di una serie di disposizioni normative volte ad assicurare un equo trattamento della proprietà fondiaria in ogni contesto di urbanizzazione. Tali misure ambiscono a realizzare finalità di interesse pubblico, quali lo sviluppo armonioso del contesto urbano. La perequazione si attua utilizzando lo strumento del comparto, generalmente nei piani attuativi (comparto urbanistico) ma anche per interventi edilizi complessi su più proprietà (comparto edilizio legge 1150/1942).

Per comprendere la ragione della tassabilità di un’area ai fini IMU oggetto di compensazione edificatoria, occorre fare riferimento al concetto di edificabilità di un’area secondo l’indirizzo espresso dalla giurisprudenza di legittimità.

E’ ormai un concetto consolidato che lo ius aedificandi non sia un potere “naturalmente” compreso nel diritto di proprietà di un suolo, ma sia attribuito secondo legge attraverso un’attività amministrativa che conforma in concreto il diritto di proprietà del suolo per tenere conto di diversi interessi, pubblici e privati, collegati all’assetto del territorio e alla sua trasformazione. Un terreno può dirsi “suscettibile di utilizzazione edificatoria”, quando lo strumento urbanistico che ne regola l’utilizzazione lo prevede.

Il concetto di edificabilità di un’area è stato chiarito dalla Corte costituzionale, con ordinanza del 27 febbraio 2008, n. 41: “E’ considerata area edificabile ogni area che sia classificata come tale dallo strumento urbanistico generale, anche se manchi la pianificazione attuativa o, addirittura se detto strumento urbanistico generale sia solo adottato”.

In sostanza la Corte costituzionale parla di edificabilità di un’area in termini solo potenziali.

Questo perché il concetto di edificabilità va inteso differentemente in senso urbanistico e in senso economico.

In senso urbanistico, un terreno può dirsi edificabile solo dopo che lo strumento urbanistico generale è divenuto efficace e, se necessario, anche dopo che sia divenuto efficace lo strumento urbanistico attuativo, posto che solo in quel momento si potrà effettivamente ottenere il permesso di costruire. Dal punto di vista economico, però, anche la mera adozione dello strumento urbanistico crea aspettative sulla edificabilità del suolo che ne fanno accrescere il valore, tanto che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza n. 25506 del 2006, hanno chiarito che: “Ai fini tributari sono edificabili tutti quei terreni che tali sono qualificati da uno strumento urbanistico, indipendentemente dalla sussistenza dell’approvazione regionale dello strumento stesso e di strumenti attuativi che rendano possibile in concreto il rilascio della concessione edilizia”, in quanto è di comune esperienza  che se la vocazione edificatoria di un suolo sia stata formalizzata in uno strumento urbanistico, ancorchè non operativo, ciò è sufficiente a far lievitare il suo valore venale secondo le leggi di mercato.

Ciò premesso, un altro elemento determinante per comprendere la tassazione ai fini IMU di un’area soggetta a compensazione edificatoria è il fatto che il concetto di edificabilità del bene deve svincolarsi dalla inerenza del terreno a cui fa riferimento. Nel senso che un terreno è considerato edificabile anche se le volumetrie del terreno oggetto di imposta vengono ricollocate altrove. Per comprendere questo concetto astratto si pensi alla cessione di cubatura. Tra i vari indirizzi della dottrina e della giurisprudenza in tema di cessione di cubatura, che in questa sede per ragioni di sintesi non è necessario approfondire, si segnala quello che ha definito la cessione di cubatura come la cessione di un diritto reale inerente ad un bene e, quindi, configurando la cessione stessa come un bene in sé, valutabile economicamente. Si è ritenuto che l’edificabilità di un’area, espressa in termini di volumetria, costituisca nella realtà degli affari un valore economico, che tende a staccarsi dalla proprietà del suolo per formare oggetto di commercio e di negoziazione autonoma tra privati.

Quindi, così argomentando, il concetto di edificabilità di una area può non possedere  il requisito dell’INERENZA al terreno ai fini della tassazione e non è collegato ad una effettiva qualificazione urbanistica.

La Corte di Cassazione ha, infatti, affermato con le sentenze n. 20137 del 2012, n. 23026 del 2016 e n. 546 del 2017 che un terreno: “pur non essendo urbanisticamente qualificato, può nondimeno avere vocazione edificatoria di fatto in quanto sia potenzialmente edificatorio anche al di fuori di una previsione programmatica. Una siffatta edificabilità non programmata, o fattuale o potenziale, si individua attraverso la constatazione dell’esistenza di taluni fatti indice come la vicinanza al centro abitato, lo sviluppo edilizio raggiunto dalle zone adiacenti, l’esistenza di servizi pubblici essenziali, la presenza di opere di urbanizzazione primaria, il collegamento con i centri urbani già organizzati, e l’esistenza di qualsiasi altro elemento obiettivo di incidenza sulla destinazione urbanistica”.

Ne consegue che si prescinde anche dalla previsione degli strumenti urbanistici per dare rilevanza soltanto all’aspetto puramente fattuale ed economico, sicchè rileva la “mera possibilità edificatoria “ del terreno stesso . La Corte di Cassazione con sentenza n. 4952 del 2.3.2018  ha affermato che: “In tema di ICI, a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 11-quaterdecies, comma 16 del d.l. n. 203 del 2005, conv. con modif. dalla l. n. 248 del 2005, e dell’art. 36, comma 2, del d.l. n. 223 del 2006, conv. con modif. dalla l. n. 248 del 2006, che hanno fornito l’interpretazione autentica dell’art. 2, comma 1, lett. b del d.lgs. n. 504 del 1992, l’edificabilità di un’area, per l’applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, deve essere desunta dalla qualificazione urbanistica ad essa attribuita nel P.R.G. adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della regione e dell’adozione di strumenti urbanistici attuativi, tenendo altresì conto che il detto art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 504 del 1992, prevedendo che un terreno sia considerato edificatorio anche ove esistono possibilità effettive di costruzione, delinea, ai fini fiscali, una nozione di area edificabile ampia ed ispirata alla mera potenzialità edificatoria”.

Nel contesto della compensazione edificatoria va tenuto conto del fatto che le aree soggette a tassazione sono sottoposte a vincolo di inedificabilità assoluta, ma non sono oggetto di procedimento espropriativo, in quanto rimangono nella disponibilità del proprietario.

Giova ricordare come la Corte di Cassazione ha ritenuto tassabile ai fini ICI  anche le aree sottoposte ad espropriazione, prima del provvedimento finale della pubblica Amministrazione, consistente nel decreto di esproprio (Cass. n. 1430 del 2000; Cass. n. 10686 del 2005), in ragione del fatto che il bene rimane nel possesso del proprietario.

E’ stato detto che il proprietario di un bene soggetto ad occupazione di urgenza da parte della pubblica autorità resta soggetto passivo, in quanto l’occupazione non ne comporta la perdita del possesso, ma soltanto la privazione della detenzione del bene (Cass. n. 21433 del 2007; Cass. n. 19 del 2008; Cass. n. 4753 del 2010).

In linea con questo indirizzo si segnala come la giurisprudenza di legittimità abbia stabilito che la requisizione dell’immobile da parte del Comune, a seguito di un evento sismico, non esime il proprietario dal pagamento dell’imposta ICI “in quanto presupposto dell’imposta è il possesso del cespite fino alla data di espropriazione e di trasferimento del bene” (Cass. n. 21160 del 2016). Così come nella procedura di pignoramento immobiliare, considerato che, fino a quando non viene definita con la vendita ad un soggetto terzo dell’immobile e la conseguente emissione del decreto di trasferimento, non vi è alcuna modifica della soggettività passiva IMU, con la conseguenza che, fino a tale data, il debitore pignorato dovrà assolvere agli obblighi imposti dalla disciplina relativa all’imposta comunale. Secondo la Suprema Corte: “Le conseguenze giuridiche derivanti dall’esecuzione delle formalità del pignoramento immobiliare, costituite dai particolari obblighi e divieti imposti al proprietario del cespite, non escludono l’applicazione a suo carico dell’ICI, in quanto il presupposto impositivo viene a mancare soltanto all’atto dell’emissione del decreto di trasferimento del bene”(Cass. n. 5737 del 2013). Nella medesima pronuncia si legge che, conseguentemente, il carico tributario non si trasferisce “medio tempore in capo al custode giudiziale”, che non risulta mai possessore dell’immobile.

Nella procedura della compensazione edificatoria, il proprietario rimane nel possesso del bene che, comunque, non viene espropriato dal Comune.

All’obiezione proposta da chi ritiene ammissibile la tassazione ai fini ICI/IMU in tema di espropriazione solo perché il proprietario percepisce una indennità per l’occupazione, con riferimento alla compensazione edificatoria, invece, va rilevato che il proprietario/possessore è titolare, per il sacrificio subito, del diritto – che non è una semplice aspettativa di diritto, tenuto conto dell’avvio concreto dell’iter amministrativo generalmente con l’adozione del PRG- di realizzare le potenzialità edificatorie del terreno gravato da inedificabilità mediante la ricollocazione delle relative volumetrie, sicchè il terreno stesso, di cui il contribuente mantiene il possesso, assume certamente un valore economico superiore rispetto ad un terreno gravato da  inedificabilità assoluta sic simpliciter.

 

In ragione del meccanismo perequativo, il terreno ha una potenzialità edificatoria concreta che si realizzerà su un’area di atterraggio, che certamente, in concreto, ne valorizza il valore economico.

Il valore del terreno aumenta secondo le leggi di mercato e non può essere tassato, secondo la tesi sostenuta dall’Agenzia delle entrate, come semplice terreno agricolo, né assume rilievo che al momento della imposizione ai fini IMU l’iter amministrativo non si sia ancora concluso, tenuto conto dei principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità.

La Suprema Corte di Cassazione ha affermato, infatti, che: “ In tema di ICI, la vocazione urbanistica di un immobile deve essere desunta dalla qualificazione ad esso attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, anche se non ancora approvato dalla Regione ovvero in mancanza degli strumenti urbanistici attuativi, sicchè il venire meno della concreta possibilità di utilizzare il volume edificatorio non influisce sulla destinazione del bene attribuita dallo strumento urbanistico generale e, quindi, non fa diventare l’immobile stesso di natura agricola, ma incide solo sulla determinazione della base imponibile” (Cass. n. 27426 del 29.10.2018). In molti casi, l’area di atterraggio viene individuata dal P.R.G., ma non viene specificata la zona dove in concreto il contribuente potrà realizzare le potenzialità edificatorie del bene,  che sarà oggetto di delimitazione con gli strumenti edilizi seguenti.

In tema di perequazione urbanistica la Suprema Corte di Cassazione ha affermato:  “E’ assoggettato ad ICI il terreno inserito nell’ambito di una perequazione urbanistica, per effetto della quale viene attribuito un valore edificatorio uniforme a tutte le proprietà destinate alla trasformazione di uno o più ambiti del territorio comunale, a prescindere dalla effettiva localizzazione dei diritti edificatori, trasferibili e negoziabili separatamente dal suolo, atteso che l’applicazione di tale imposta presuppone il possesso di immobili aventi potenzialità edificatoria, sebbene non immediatamente attuabile desunta dalla qualificazione operata nel piano regolatore generale anche semplicemente adottato (nella specie, la S.C. ha ritenuto assoggetti ad ICI i terreni compresi in una perequazione urbanistica, ricadenti in un’area destinata a verde pubblico e viabilità, alla quale, in base al meccanismo perequativo, era stato attribuito un indice edificatorio) “ (Cass. n. 27575 del 30.10.2018).

Il problema nasce con riferimento alla determinazione del quantum dell’imposta. Orbene, l’edificabilità di un’area, ai fini della determinazione della base imponibile IMU, deve essere desunta dalla qualificazione attribuitale nel PRG del Comune anche indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi, e nella determinazione della base imponile deve valutarsi: “la maggiore o minore attualità delle potenzialità edificatorie dell’immobile, nonché la possibile incidenza degli ulteriori oneri di urbanizzazione, in ragione delle concrete condizioni esistenti al momento dell’imposizione” (Cass. n. 12377 del 2016; Cass. n. 5161 del 2014).

 

a quindi l’onere di dedurre di avere subito alcun pregiudizio, derivando la nullità insanabile dalla mancanza di uno dei requisiti della fattispecie previsti dalla legge” (Cass. n. 8245 del 22.3.2019).

 

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